Ganoona è uno scrittore prestato alla musica. Il suo ultimo singolo, Temporale, è parte di un progetto più vasto intitolato Malegria.
Come nasce Ganoona?
“Ho sempre avuto il pallino per musica e scrittura. Sin da quand’ero bambino – e parliamo degli anni ’90, quando non esistevano ancora gli smartphone – scrivevo poesie, ma ho messo piede nel mondo dell’arte solo più tardi, grazie al teatro e al rap. Ho bazzicato un po’ l’ambiente underground hip hop milanese, poi mi è nata l’esigenza di approfondire l’argomento musica. Ho studiato e mi sono diplomato in canto moderno e pianoforte, e da quel momento la mia musica è cambiata, diventando quella che è oggi: una commistione di generi che scaturiscono dall’hip hop, passano per il soul e arrivano sino al cantautorato”.
Il nome Ganoona suona vagamente esotico. Dove l’hai pescato?
“L’ho preso da un libro intitolato Jeff in Venice, Death in Varanasi di Geoff Dyer, uno scrittore inglese. Nella storia c’è un personaggio soprannaturale che compare a Jeff Atman, il protagonista, e che è la personificazione della sua coscienza. Jeff lo chiama Ganoona. Più che il nome mi ha colpito il concetto che Dyer illustra nel libro e quindi ho deciso di prendere in prestito entrambi”.
Mi stai dunque dicendo che Ganoona è la voce della tua coscienza?
“Ganoona è la mia parte più schietta, che non ha paura di dire quello che prova e che pensa”.
Ascoltandoti ho notato un approccio musicale minimal. È un modo per mettere in risalto i tuoi testi? (Che, per inciso, sono davvero ben scritti)
“Sì, assolutamente, hai colto il punto. Per me i testi hanno un’importanza fondamentale. Poi io ho una voce che a volte risulta ingombrante. Se non lasciassi spazio con un po’ di minimalismo, verrebbe a mancare il significato di quello che sto comunicando”.
Riguardo ai testi, c’è un momento della giornata in cui preferisci raccoglierti e scrivere?
“Mi piacerebbe poter scegliere in totale libertà il momento della giornata in cui scrivere, ma raramente succede. La vita è bella piena e io faccio anche tante cose. Quando trovo un momento, però, mi ci metto e cerco di canalizzare quello che ho già scritto nella testa. Nel momento in cui siedo alla scrivania, in realtà ho già scritto. Mi basta riesumare gli appunti che ho sul telefono o su foglietti volanti, mettere insieme i pezzi ed è fatta”.
Riprendendo un verso del ritornello di Deserto, “So quello che voglio”, ti chiedo: cosa vuole Ganoona?
“Ganoona, il mio alter ego, vuole che la sua musica arrivi a quante più persone è possibile. Vuole anche esprimersi in totale libertà attraverso la propria arte. Il mio lavoro sta nel cercare di accontentare Ganoona [ride] e di dargli lo spazio che merita”.
Il video di Bad Vibes si apre con un riferimento alle esigenze di libertà che la quarantena ha ridotto. Ti chiedo allora quanto l’arte sia di supporto nei momenti complicati.
“Bad Vibes l’ho scritto prima del lockdown, ma il video l’ho realizzato durante quel periodo. Abbiamo scelto di far uscire il pezzo in quel periodo perché era, in qualche modo, calzante. In realtà io nel brano parlo del senso di claustrofobia esteso che, ora che non siamo più in lockdown, molti di noi sentono. Senso di claustrofobia che può scaturire da un lavoro che non ti rappresenta, che ti ruba il tempo e non ti permette di crescere, o da relazioni tossiche. Indipendentemente dal tipo di sofferenza, credo che l’arte – soprattutto per chi la fa – sia uno dei principali canali di sfogo”.
Il titolo del tuo ultimo progetto è Malegria, un neologismo molto particolare. Cosa significa?
“Malegria è un neologismo latinoamericano utile a definire quella sensazione di felicità misto a malinconia. Come quando sei con gli amici ma hai quel pensiero che ti porta un po’ giù e che tieni sotto controllo. Mi sembrava il titolo adatto, visto il mood della mia musica”.
Vista la “mescla” di generi che la tua musica offre, a quale genere diresti di appartenere?
“In senso molto generico, io ti direi pop, anche se ci sono diversi livelli di lettura nel mio pop. Ci trovi l’hip hop, il soul, c’è cumbia, ritmi latini. Direi perciò che la mia etichetta è un mix di etichette”.
E le tue influenze musicali? Sono anch’esse ramificate come la tua musica?
“Come artisti che mi influenzano, e mi hanno influenzato, ci sono Dargen D’amico e Marracash per il rap italiano; De Andrè, Lucio Dalla e Battiato per il cantautorato; Mercedes Sosa e i più recenti Calle Trece per gli artisti latinoamericani… Diciamo che ora non ho più punti di riferimento, nel senso che sono molto concentrato sul mio suono”.
Ora che Malegria è pronto, cos’ha in programma Ganoona per il futuro?
“Portare in giro lo show, che tra l’altro è una bomba. Siamo in duo con batteria, percussioni e sequenze elettroniche. Dal nuovo anno dovrei riuscire a portare la mia musica in giro per l’Italia. In primavera e in estate ci saranno più possibilità, ma l’imperativo resta sempre lo stesso: spargere il verbo di Ganoona”.