Emanuele Bodo: un viaggio negli “Unsafe Places”

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Unsafe Places è il titolo del disco di Emanuele Bodo: un viaggio unico alla scoperta di posti reali e immaginari attraverso la musica.

Un viaggio musicale

Unsafe Places, posti insicuri, è il titolo dell’album di Emanuele Bodo e l’idea nasce già nel 2015. Il tema centrale è il viaggio nei posti reali e immaginari che scaturiscono dall’inconscio del chitarrista. Ed è proprio lì che questo viaggio ci conduce: nei luoghi oscuri e non rassicuranti. Allora la musica diventa l’unico mezzo attraverso cui vengono esorcizzate le paure più nascoste.

Perché un discorso strumentale? Secondo Emanuele, la musica non ha necessariamente bisogno del testo per comunicare un messaggio o suscitare un’emozione. E’ fondamentale, però, ricorrere alla descrizione che ci viene fornita riguardo ogni singola traccia. Dopo di ché, ognuno è libero di lasciarsi guidare dalla mente alla scoperta degli scenari più inaspettati.

Black Dunes

La fantascienza fa da padrona. Come in un episodio di The 100, il primo viaggio ci conduce in un pianeta lontano. La superficie è composta da un deserto di sabbia nera e all’inizio si sente il sospiro del vento. Non esistono forme di vita di nessun tipo, l’uomo è da solo e cerca di avanzare in un ambiente ostile. Il punto di forza del disco è proprio la capacità di Emanuele di fornirci gli strumenti per poter creare un paesaggio ben dettagliato, in questo caso un deserto arido.

House of the 9

Come suggerisce il titolo, è ispirato dall’omonimo thriller. Questa volta è un viaggio più psicologico ed introspettivo, ma è soprattutto una traccia sperimentale che gioca con vari ritmi. In ogni caso, la canzone ruota attorno al numero 9, così i Tool hanno costruito il loro nuovo album sul numero 7. Virtuosa, incalzante, ma allo stesso tempo melodica, è perfetta per una colonna sonora.

Challenger Deep

Un viaggio alla scoperta delle profondità oceaniche. La traccia è ispirata all’impresa di James Cameron nel 2012 nella fossa delle Marianne. Sentiamo il rumore dell’acqua sia all’inizio che alla fine e, se chiudiamo gli occhi, la musica ci porta sotto il livello del mare e in apnea.

Landing to Giza

Preparatevi ad un viaggio lontano e indietro nel tempo: la destinazione sono le piramidi di Giza. La piramide di Cheope è una delle sette meraviglie del mondo, avvolta di fascino e mistero. Attorno alla sua costruzione si sono create storie e leggende che ancora adesso non trovano una spiegazione. Dopo una delicata introduzione al piano, ci troviamo ad osservare la maestosità delle piramidi che si ergono davanti ai nostri occhi.

2 Strangers

Come in un sogno, tutto avviene velocemente. Questa è la traccia più breve dell’album. Qui non ci sono spostamenti ma più che altro una storia d’amore che si interrompe troppo velocemente. Un viaggio, quindi, alla scoperta dei sentimenti. Troviamo una coppia di due amanti che, dopo aver consumato la loro passione, tornano ad essere appunto due estranei. Verso la metà si apre una frattura con un intermezzo jazzistico e con influenze fusion che segna il distacco della coppia.

The Omen

Catabasi: la discesa di una persona viva nel mondo degli Inferni. Qua e là sentiamo provenire da lontano dei canti gregoriani, sullo stile dei Ghost. Mistero ed esoterismo si intrecciano alla ricerca del ruolo della religione nella nostra vita e nel rapporto con l’arte e la letteratura. Sembra di assistere ad uno scontro tra sacro e profano, il tutto condito con elementi orientaleggianti.

Chernobyl

Forse la tematica più attuale, considerando il successo dell’omonima serie tv. Chernobyl è un resoconto dettagliato degli eventi drammatici che tutti noi conosciamo e che hanno avuto luogo nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986. 9 minuti cupi e solenni per tentare di descrivere una delle tragedie più grandi che continuano ad avere conseguenze nel presente. Il suono è duro e sostenuto, ricco di virtuosismi, con brevi momenti di tranquillità.

Influenze

Emanuele Bodo afferma di essersi ispirato, tra gli altri, a John Petrucci. Black Dunes ne è la dimostrazione. Le sonorità richiamano quelle dell’omonimo disco dei Dream Theater, in particolare della strumentale Enigma Machine.

Invece, House of the 9 sembra un omaggio a Marco Sfogli e alle tastiere degli Andromeda in Extension of the Wish. Tastiere che ritroviamo anche in Challenger Deep, con un pizzico di death nel primo minuto e mezzo, simile allo stile di Jeff Loomis.

Dopo la metà di 2 Strangers c’è un piccolo intermezzo che sembra essere estraneo alla canzone, ma assomiglia agli attacchi dei Dream Theater, come in The Dark Eternal Night.

Infine in alcune tracce è proprio la chitarra a parlare, come quella di Plini, e ci sono anche delle similitudini con i virtuosismi di Angel Vivaldi.

Conclusioni

Il panorama del progressive metal strumentale è già di per sé saturo. Non avendo lo strumento della voce, talvolta si rischia di cadere nel banale e nello scontato. Essere originali, quindi, non è così facile. Il lavoro di Emanuele Bodo invece è assolutamente personale e spicca per la sua identità. Si vede che dietro c’è uno studio lungo e approfondito, Unsafe Places è un prodotto raffinato e molto professionale.

Infine, le immagini dell’artwork sono davvero molto curate e completano il lavoro in maniera eccelsa.

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