Ecco una playlist per concludere al meglio il Pride month

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Con la fine di giugno si è concluso anche il Pride month. Tuttavia, non è mai tardi per celebrare l’orgoglio di autodeterminarci e urlare a gran voce il motto “Love is love”. Ecco, quindi, una playlist per l’empowerment personale.

Cinque canzoni per una playlist alleata della comunità LGBTQ+

Quando Lady Gaga ha scritto il suo inno all’amore per sé stessi, le sue parole hanno cementato un cambiamento intorno all’omosessualità. Born this way non era solo un trionfante inno LGBTQ+, ma una replica a chiunque mettesse in dubbio la propria identità. A differenza dei suoi predecessori pop degli anni ’80 e ’90, Gaga non ha dovuto nascondersi dietro testi criptici. Ha espresso, infatti, il suo intento in maniera forte e chiara.

Il resiliente inno disco di Gloria Gaynor ha assunto un significato più profondo dopo la problematica legata all’AIDS. La canzone della Gaynor si è evoluta in un grido di battaglia di una comunità che veniva decimata dalla malattia. Sia allora che oggi, I will survive è uno degli inni LGBTQ più importanti e longevi in tempi in cui la sopravvivenza stessa diventa un atto di sfida.

Dopo averci sconvolto la mente con Montero (Call me by your name), il rapper americano, Lil Nas X, con il suo ultimo singolo, Sun goes down, ci mostra il suo lato più serio: il brano inizia con una riflessione sulla solitudine, sull’insicurezza e sull’omofobia interiorizzata, e poi all’improvviso si trasforma in una celebrazione trionfale e incoraggiante dell’autoaffermazione e della fiducia in se stessi.

Il cantante dinamico e gender fluid Sylvester, con il suo arioso falsetto e la sua presenza scenica, canta la celebrazione della liberazione in You make me feel (Mighty real) che rimane uno degli inni LGBTQ+ più espliciti di tutti i tempi.

Come tanti inni LGBTQ+, I’m coming out ha utilizzato il pop per trasmettere messaggi più sovversivi alla comunità. Il brano non alludeva solo al restyling disco dell’ex Supreme: era un segno di sostegno a tutti i fan gay, che Diana Ross ne fosse apertamente consapevole o meno, realizzata da Nile Rodgers e co-fondatore degli Chic, Bernard Edwards.

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