Ascoltando la discografia dei Deaf Havana scoprirai che il gruppo britannico non è rimasto nella stessa corsia sonora nel corso degli anni. Nel Regno Unito, hanno ottenuto un successo commerciale con “All The Countless Nights” del 2017 . Il successo dell’anno scorso sembrava che il quintetto di Norfolk si stesse avvicinando a una nuova, diversa direzione.
Quando viene raggiunto un livello di successo, le band vogliono sperimentare e progredire nel loro mestiere, il che va bene. Il loro nuovo lavoro discografico “Rituals” lo è ma solo in parte, in quanto potrebbe essere stato un buonissimo album, ma sembra che il progetto sia stato affrettato e forse non necessario.
Il brano di 40 secondi “Wake” apre l’album con un ambiente interessante offerto dal London Contemporary Voice Choir. È interessante e un ottimo set per “Sinner”. La seconda canzone è vivace ma i testi sono un cliché. Per una band che era più un atto post-hardcore nei loro primi anni, hanno preso l’high-rock indie pop-rock e l’hanno cavalcato lontano.
Venendo alla traccia numero tre dell’album ovvero “Rituals” sicuramente è un brano orecchiabile e vibrante e ha un coro che piacerà alla folla ma non è niente di speciale. Il ritmo dei tamburi all’inizio di “Hell” ti amplifica ed è una delle canzoni che caratterizzano davvero le abilità vocali del frontman James Veck-Gilodi. Ma la traccia è così pop-like e i sintetizzatori sono così sopra le righe che ti fanno venir voglia di saltare.
I fan che amano i DJ apprezzeranno senza dubbio “Holy” per i suoi elementi progressive-house che tengono insieme la canzone. I temi principali di tutto l’album sono incentrati sulla lotta e la redenzione. “Worship” e “Heaven” parlano senza dubbio di questi argomenti. Ma “Worship” si distingue perché ricorda le tracce più originali che la band ha prodotto nei precedenti dischi.
La voce ed i drum claps modificati in “Evil” ti fanno domandare se sta per arrivare una sorpresa, sorpresa che non arriva in quanto è solo un’inutile canzone lenta. I brani migliori i Deaf Havana li hanno lasciati alla fine. “Saint” e “Epiphany” sono una combinazione di archi, sintetizzatori con un ambiente guidato dal coro che funziona.
In conclusione, i rituali non sono necessari, almeno non nel regno del pop-rock. “Rituals” è un discreto album, ma in questo nuovo disco i Deaf Havana non sembrano essere cresciuti ma bensì fermati in un limbo. Voto 6/10.