Belau – Colourwave | RECENSIONE

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I Belau: tradizione e atmosfera


I Belau sono una band che prova a fornire all’umano moderno un rifugio attraverso la musica. Essa rappresenta la strada verso la consapevolezza di sé attraverso il profondo dell’anima dell’individuo. Realizzano beat elettronici moderni ed eleganti, con testi ricchi di desiderio, spinti dalla ricerca del conforto per la mente. Ispirati dagli elementi fondamentali della natura, soprattutto il mare infinito, che è di noi il simbolo principale. Con queste parole si descrivono i Belau sul loro canale di YouTube, e non si potrebbe pensare diversamente ascoltando la loro musica. Hanno suonato in più di ventitré paesi, in alcuni dei festival più importanti d’Europa e fuori. Sono tornati da poco con un album di inediti, il secondo nella loro carriera, a cui lavorano da mesi, intitolato Colourwave.

L’uscita era in realtà prevista per la primavera, ma è stata posticipata a causa dell’epidemia di Coronavirus. L’album è definito inoltre “equality concept”, a indicare il loro desiderio di usare la loro piattaforma per porre l’attenzione su artisti di minoranza che ne hanno bisogno. Le donne, per la precisione, soprattutto le colleghe dell’Ungheria, il loro paese d’origine. Ma anche con influenze esterne, come dichiarano loro stessi. “L’intento è farsi guidare dai suoni scoperti in natura. Proseguendo il concetto – familiare all’ Odissea e contenuto nel titolo – di mettere in musica l’immaginario pieno di colori delle lande caraibiche, grazie al coinvolgimento di talentuose voci femminili.


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Il mondo di Colourwave

Il risultato, presente nella forma di Colourwave, è un lavoro sognante, raffinato, ricolmo di atmosfera. L’immagine che sfoggia sulla copertina più che mai rappresenta il preludio all’affascinante contenuto che i Belau mettono a disposizione nel loro ritorno. Una sinfonia di colori, sgargianti o cupi, combinati in un disegno armonioso e accattivante. Lo stile è inconfondibilmente europop, fino ai testi immersi in delle immagini pittoriche e sognanti. Naturalmente l’elemento di maggior spicco dell’opera rimangono le voci femminili, tutte diverse e ricche di personalità. Viene da pensare a quegli album elettronici in cui le cantanti non sono celebrità, spesso prese proprio dalla scena underground locale. A ciascuna di loro è lasciato uno spazio tutto suo per brillare, per farsi sentire a modo suo e con la propria impronta.

Colourwave, in questo senso, è come un vero spettro cromatico: con sfumature di ogni tipo che convivono assieme. C’è il tono delicato, romantico, molto alla Lana del Rey, ostentato da Belle Doron in Together Alone. La melanconia di Saya Noé in Finally Home, a metà tra Alessia Cara e Dolores O’Riordan. Oppure i sussurri sommessi di Sophie Lindinger in Breath, la maestà soul di Amahla in Risk It All, o la grinta di Ayah Marar in No Other Love: ogni cantante è unica, riconoscibile, e non un suo secondo viene sprecato. Ma si possono conoscere i Belau anche da soli, nelle tracce strumentali in cui gli è permesso di sperimentare a loro piacere. Colourwave è un’esperienza, da lasciare in sottofondo per rilassarsi o in cui immergersi coscientemente gustandone ogni secondo. Un’esperienza che, si spera, possa presentare molta altra buona musica.

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