Beautiful Boy: il nuovo film con Timothée Chalamet

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Beautiful Boy è arrivato oggi 13 giugno nelle sale italiane. Il nuovo film con Timothée Chalamet è pronto a catapultarci in una realtà “scomoda” che deve tuttavia essere raccontata. Il protagonista di Chiamami col tuo nome ci aveva già incantati con la sua espressività e con le sue doti di attore che riescono ogni volta a farci vivere ciò che sente e prova il suo personaggio.

Interpretare Elio di Chiamami col tuo nome è valso a  Chalamet  la candidatura a soli 22 anni agli Oscar 2018 come Miglior Attore, titolo che poi è andato a Gary Oldman, oltre alla candidatura ai Golden Globe 2018 sempre come Miglior Attore.

Timothée Chalamet

La pellicola di Beautiful Boy, girata da Felix Van Groeningen, è tratta da una storia vera e dai libri scritti dagli stessi protagonisti:  Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction di David Sheff e Tweak: Growing Up on Methamphetamine di Nic Sheff.

David Sheff (Steve Carell) e suo figlio Nic Sheff (Timothéee Chalamet) raccontano qui la loro storia che è anche la storia di molte altre famiglie. Un ragazzo che sprofonda nel tunnel della droga, dipendente da metamfetamine e suo padre che fa di tutto per aiutarlo a ritrovare la luce e ad uscire da quel mondo sporco.

Steve Carell

All’apparenza la vita di Nic è come quella di qualsiasi altro ragazzo di 18 anni: studia, recita, è nella squadra di pallanuoto, ama leggere, scrive per il giornale della scuola e segue quindi le orme di suo padre, stimato giornalista. Questa è una parte della sua vita che lo aiuta a costruire la maschera che nasconde l’altro lato: la tossicodipendenza, perché di dipendenza oramai si tratta.

Accorgersi che il bambino che giocava e che si è visto nascere ora è un estraneo con una doppia identità, accorgersi  che nasconde un segreto simile ad un incubo è il più grande shock per un genitore e così sarà anche per David.

Beautiful Boy è il coraggio di una famiglia che vuole ancora essere tale, è il rapporto tra padre e figlio, la disperazione e le difficoltà di una sfida che vista dall’esterno può sembrare semplice ma dall’interno fa sentire impotenti e non adeguati, non abbastanza forti.

Le testimonianze che gli Sheff hanno deciso di riportare sono un ammonimento autobiografico: le persone avevano il diritto di conoscere la loro storia e loro sono stati così coraggiosi da volerla raccontare e trasmettere in modo che altri possano raccogliere questo coraggio.

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