Una performance mistica e trascendentale quella della band norvegese!
Il concerto di ieri a Roma, presso il locale Largo Venue, ha visto come headliner una delle band più emozionanti del panorama Avant-Garde Black Metal: gli Arcturus.
Prima della band norvegese si sono esibiti tre gruppi italiani. I primi ad esibirsi sono stati i Parodos da Salerno, Il loro stile è una fusione tra l’avant-garde ed il black metal. Hanno aperto egregiamente la serata per poi lasciare il passo agli ShadowThrone, il loro è un Black metal sinfonico coinvolgente. La presenza scenica è costante e per nulla statica, a livello tecnico nulla da obiettare, tempi ben calibrati e scanditi. Dopo gli ShadowThrone è il momento dei Shores of Null, di base romani ma con qualche elemento che proviene dalla costa abruzzese, il loro è un blackened doom, a tratti con blast beat tipici del Black metal, alternati alla lentezza del doom. È stata un’esibizione viscerale, anche il modo di porsi di Davide Straccione, il cantante già noto per la sua “militanza” negli Zippo, ha creato un’atmosfera coinvolgente e struggente. Gli Shores of null hanno preparato a dovere il campo per gli headliner.
Nel momento in cui gli Arcturus sono entrati in scena l’ambiente si è densamente riempito di un’atmosfera quasi magica. La band norvegese ha dato il meglio di sé. Vortex è un grande frontman, con il suo look da pirata aviatore (uno stile steampunk semplificato), è davvero un tornado. La sua voce è flessibilissima, può passare da uno Scream ad un falsetto molto acuto passando per la voce pulita.
Il modo in cui gesticola, si muove, interpreta ogni pezzo come se fosse un qualcosa di sovrannaturale, come se arrivasse da un altro piano astrale. L’emozione che hanno trasmesso è immensa. Ogni componente (tranne Hellhammer che aveva una maschera ed era nascosto dietro la batteria) aveva un’espressione beata e felice come se stesse in una bolla intrisa di positività; non credo siano esseri di questo mondo.
La setlist è stata un mix di pezzi del primo album, totalmente black metal, e di nuovi, tendenti di più all’avant-garde. Ogni pezzo veniva mimato, dal pubblico si alzavano i cori in un effetto stereo mistico. Cantare, ascoltarli ad occhi chiusi e viaggiare lontano. Su Crashland si è creata un’atmosfera da brividi.
Quasi scontato dire che tecnicamente non hanno sbagliato un colpo, Hellhammer è una macchina, la (doppia) cassa veniva suonata con violenza, i piatti (cimbali, gong etc) erano quasi accarezzati, ne è uscito fuori un suono corposo e delicato al tempo stesso. Anche il cambio di ritmo era repentino ma era legato, da un tipico blast black metal si passava ad un ritmo meno frenetico e più soft per poi tornare a blastare. Stessa cosa gli altri musicisti, il bassista Hugh Mingay, col suo basso a sei corde, presente, non ingombrante, in eccellente coordinazione con la batteria, insomma una sezione ritmica perfetta. Sverd, il tastierista, era un po’ nascosto da una coltre di fumo e luci, che ha però coadiuvato i suoi assoli. Molto particolare anche Knut Valle, il chitarrista, sembrava fluttuare mentre suonava, ha un’aria così “elfica”, sembra un essere etereo. Da dire che sia Hugh che Knut hanno salutato tutti i fan che erano lì alla transenna con una stretta di mano, ed il chitarrista si è fermato per firmare qualche biglietto.
Ancora a distanza di ore si sente l’emozione, le canzoni risuonano in testa, chiudere gli occhi e sentire di essere ancora lì!!!
Setlist:
- Kinetic
- Shipwrecked Frontier Pioneer
- Game Over
- Painting My Horror
- Alone
- The Bodkin & The Quietus
- Du Nordavind
- Collapse Generation
- The Chaos Path
- To Thou Who Dwellest In The Night
- Wintry Grey
- Crashland
- Master Of Disguise
- Raudt Og Svart
- Of Nails and Sinners