Piena di contenuti, ma non è un contenitore. E’ eclettica, appassionata e crede fermamente che ciò che sappiamo, non sarà mai abbastanza: è Antonia De Francesco.
La scrittrice è nata a Formia (LT), il 13 dicembre 1987: giusto in tempo per conservare un po’ dei “mitici anni ottanta”, in un mese del freddo che lei adora, in un giorno che per eccellenza conosce il gusto dell’esoterismo e della magia. Dopo aver frequentato lo storico liceo classico “Vitruvio Pollione” si è trasferita a Firenze per laurearsi, nel 2009, in “Media e Giornalismo” all’Università “Cesare Alfieri” e cominciare, successivamente, a collezionare le sue prime esperienze giornalistiche in radio, siti on-line e quotidiani locali.
Nel 2013 è all’Accademia d’arte drammatica “Silvio d’Amico” di Roma per frequentare un master di I livello in “Critica giornalistica” che le è valso un posto in giura al concorso teatrale “Deviazioni recitative”.
Attualmente è laureanda in “Editoria e Scrittura” all’Università “La Sapienza” di Roma, intrappolata in un’intramontabile passione per lo studio. Giornalista pubblicista è impegnata sul portale “Duepuntozeronews.it”, collabora per la rubrica “One Book, One Week” del sito “Art Special Day – Mi faccio di Cultura”, ed è un volto dell’informazione televisiva. Tra le esperienze più importanti ricorda quella presso l’agenzia di stampa nazionale “AdnKronos” nella sede della Capitale. Già autrice del romanzo “giallo sui generis” dal titolo “Nelle pagine di Sofia”, vincitore del premio nazionale “Formia in Giallo 2016 – sez. romanzo”, ama leggere e presentare libri scavando nei testi e nell’animo dei loro autori.
Un bellissimo colloquio con Antonia, reduce del suo ultimo libro “L’Animologo”.
Visto il tuo percorso di studi, hai deciso ben presto di seguire l’indirizzo preciso della scrittura?
Si, ho sempre avuto una mente molto curiosa e senza limiti. Da sempre sono alla ricerca di input creativi, di ispirazione, mi piace abbracciare e toccare concetti sempre nuovi e diversi. Vivo alla ricerca del mito dell’emancipazione e dell’indipendenza, anche per l’educazione ricevuta, secondo la quale la cultura è la miglior difesa.
Quanto c’è del tuo privato in quello che scrivi?
Sono attenta alle persone, alle loro storie e alla società. Nulla mi influenza, ma tutto richiama la mia attenzione e solletica la mia ispirazione.
Nello scrivere il tuo ultimo libro “L’Animologo” hai utilizzato un tuo percorso personale oppure ti ha guidato altro?
Mi guida sempre l’ascolto. Il mio presupposto è vivere la scrittura come sfogo. La mia attenzione rimane sempre ferma sulle persone; osservo la società con occhio critico, ma senza giudizio e/o censura. Solo osservazione. E proprio nel L’Animologo, ciò che si può leggere è che delle volte si brancola nel buio alla ricerca di un interruttore, altre si annega in punti di non ritorno. Può capitare a chiunque. Sono quei momenti in cui si ha la netta sensazione di non avere più un ruolo nella propria “storia”, pensando che la trama sia stata sovvertita da una mano che impugna un calamaio esclusivamente nostro. Quei momenti in cui pensi: “non doveva andare così!”. Ma fortunatamente la vita è disseminata di persone che possono e scelgono di decifrarci: gli “animologi”.
Un aggettivo per definire Antonia De Francesco scrittrice e uno per definire Antonia De Francesco come donna.
Non c’è distanza. La donna trova il suo acume nell’essere scrittrice. E l’aggettivo è libera, la donna libera di immaginare.
Qual è il sapore e qual è il colore delle tue parole?
Visto che non mi contengo in un genere specifico, direi un pasto completo, bevande incluse! E per quanto riguarda il colore è lo stesso, l’arcobaleno più tutte le sfumature.
La colonna sonora del tuo ultimo libro?
Non c’è una colonna sonora, anche se mi sono ritrovata ad ascoltare spesso Inverno di De Andrè.
Il prossimo libro che scriverai?
Sono un po’ gelosa del processo di scrittura e poi non pianifico. Aspetto sempre la necessità di avere qualcosa da dire, in caso contrario preferisco tacere. I segnali dall’esterno che colgo nella vita giorno per giorno, le persone che incontro, tutte le parole poi mi chiedono di essere riversate su carta. Diventa un’ esigenza.
Il libro della tua vita?
Lo sono tutti quelli che ho letto e leggerò. Ogni libro lascia sempre qualcosa ed io non ho mai lasciato un libro a metà; è come lasciare una persona a metà. Non ho mai pensato che un libro fosse brutto…è una questione di empatia. Al più non mi è piaciuto leggerlo.
Il libro che avresti voluto scrivere?
Certamente per lo stile e il contenuto è “Il Piccolo Principe”.
Il libro che leggerai?
L’amica geniale e successivi. Non seguo da subito i casi editoriali e cinematografici poiché la morbosità, assieme all’adulazione, non mi consentono di valutarli bene e leggere con la mente libera.
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