Antigone dei ragazzi del Beccaria e Puntozero
Uno spettacolo attuale anche se arriva dalla, comunque sempre verde, tragedia greca. Parlo di Antigone di Sofocle. La rappresentazione è andata in scena i giorni scorsi al Piccolo teatro studio Melato, di Milano, uno dei templi della nostra cara cultura. Sold-out, per Sofocle, soprattutto perché a confrontarsi con il difficile testo sono stati giovani detenuti del Beccaria, riformatorio milanese, e gli attori della Compagnia Puntozero. Dal 1995 Puntozero si adopera per “rieducare”, che è poi la funzione del nostro sistema carcerario, attraverso il teatro. Dare fiducia è l’obiettivo, proporre una possibilità di riscatto attraverso la rappresentazione delle grandi opere teatrali, la cui funzione storica non è solo quella di far trascorre un momento di leggerezza. Comunicare quindi un messaggio.
Lo spettacolo
Antigone, riproposta nella versione firmata da Giuseppe Cutellà e che si avvale della traduzione di Maria Grazia Ciani, è interpretata da un’attrice dall’aspetto delicato e minuto. Non è lei però la vera protagonista dello spettacolo. La scena è piuttosto incentrata sulla figura di Creonte, re di Tebe e antagonista di Antigone, interpretato da una donna, alta e imponente e dall’accento duro e straniero. Una scelta che fa pensare, visto che il re solitamente è maschio, ma questa inversione dei ruoli confonde, volutamente, le acque. Lo spettacolo resta comunque prevalentemente corale, nel senso letterale del termine. Sono 12 gli attori che fanno parte del coro greco. Si esibiscono freneticamente sul palco, trasformando la piéce in una prova di fisicità molto difficile e faticosa, senza mettere in secondo piano la recitazione, impeccabile.
La tragedia
Sofocle scrisse Antigone nel 442 a.C. volendo narrare il mito di Antigone il cui scopo è di dare degna sepoltura al fratello Polinice, ucciso e lasciato a mercè di vermi e animali. Antigone si oppone con tutte le sue forze alla ferrea volontà di Creonte, nuovo re di Tebe e suo zio, che dichiara Polinice nemico della patria e imprigiona Antigone in una grotta. Grazie alle suppliche del coro, Creonte decide di liberare la nipote, ma è troppo tardi. Antigone muore suicida, e questo crea un effetto domino che distruggerà la vita del re di Tebe. Il figlio di Creonte (cugino e promesso sposo di Antigone), ricevuta la notizia della morte dell’amata, si uccide, cosa che fa poi la madre del giovane principe e moglie di Creonte. Il re di Tebe resta solo, perseguitato dai suoi fantasmi e vittima della sua stessa intransigenza. Come direbbe “Clitemnestra”: “i morti non se ne stanno mai a riposo”.
Conclusioni
Il messaggio di Sofocle è l’eterna e sempre identica feroce contrapposizione tra legge dispotica e legge del buon senso. I greci però si auto analizzavano visto che Creonte alla fine riconosce i propri errori e si condanna alla dannazione eterna. Purtroppo nei secoli successivi ad oggi la tendenza è stata diversa, ovvero quella di sconfiggere le dittature con rivoluzioni e impiccando i despoti purtroppo impenitenti. La storia insegna.
Lo spettacolo si conclude con un lungo applauso. L’emozione si respira nell’aria, il finale è pieno di pathos.
Avanti così ragazzi, che ci fate solo un gran bene e grazie a Sofocle che nel 442 a.C. era molto più moderno di noi.
Informazioni: www.puntozeroteatro.org