Nelle briciole di queste festività natalizie ormai prossime alla fine, Anna Piscopo è andata in scena fuori cartellone il 4 e il 5 gennaio al Teatro lo Spazio di Roma. Lo spettacolo, di cui Anna Piscopo è autrice e attrice, sarà nuovamente in scena al Teatro lo Spazio a Febbraio.
Sul palcoscenico spoglio irrompe la protagonista, con due grandi orecchini tondi con sopra stampata una pacchiana bandiera italiana e un vestitino rosa a richiamare gli anni dell’adolescenza, quando si è nel limbo, sospesi tra l’essere piccoli e l’essere grandi.
Minuta e di una potenza incredibile, con una fisicità che trasmette al pubblico ogni incessante emozione rigurgitata dal suo monologo. Incarna tradizione e modernità, giovani con la voglia di riscatto che inciampano nelle richieste e nelle pretese di genitori che rappresentano il potere istituzionale, i valori culturali incorporati, che abbiamo divorato e al contempo ci divorano.
Questa madre chiusa e bigotta pretende dalla figlia perfezione per poterla sfoggiare e brillare della sua luce riflessa, luce ostacolata dal muro che c’è tra le due, dalla totale assenza di comunicazione e dal reale interesse della Madre per la figlia. Il padre, con un ventre prominente per tutto ciò che trangugia, non lavora ed esige che sia proprio il frutto del suo seme a farlo, per poter continuare a ingozzarsi senza pensieri, senza alleviare il peso delle responsabilità dalle spalle della figlia, stanca.
Nel flusso ininterrotto di parole in cui la performer rappresenta se stessa, i suoi familiari e le persone che l’hanno travolta, segnata e cambiata, da vita ai valori e ai concetti della nostra società, dalla religione, allo sfruttamento del lavoro, alla chiusura mentale. Tutte le personalità che emergono dall’intensa rappresentazione dell’attrice simboleggiano gli elementi di un contesto sociale stagnante e famelico, immobile sui propri gretti ideali e incalzante sul volerli vedere raggiunti da chi lo abito mirando a consumare più che può, chiunque può.
Il cibo è il filo conduttore che lega ogni elemento narrato nella performance. Cibo come metafora di una società in cui sei chi mangi, quindi mangia più che puoi per dimostrare quanto vali. Mangia mentre la società ti fagocita nelle sue dinamiche depersonalizzanti.
Anna Piscopo rappresenta però l’eccezione, la possibilità di resistere, di restare aggrappati alla consapevolezza di chi siamo nonostante l’essere stati masticati, ingoiati e rigurgitati più e più volte dalla vita e dalla gente. Ferita ed esausta nel provare a recitare un ruolo che non le appartiene la protagonista si libera, almeno così sembrerebbe in una prima analisi. Conclude infatti l’esibizione con l’affermazione massima di se stessa che coincide però con la prima regola di questa società portata in scena: Mangia! Si è liberata o dopo tante traversie è entrata a far parte anche lei del meccanismo? Le risposte sono senz’altro nell’interpretazione individuale degli spettatori.
Uno spettacolo per rendersi conto di quanto sia facile cadere in quegli schemi che visti fuori contesto appaiono per ciò che sono, modelli che stringono e segnano, da cristallizzare in quel passato che li ha partoriti per far posto a un futuro che però rimane bloccato nella morsa feroce delle dinamiche in atto.