Ray D’Antoni, leader storico della band The Clockers, ristampa il suo album solista dal titolo “The Mask is Back”. Andiamo ad approfondire, anche attraverso la descrizione dei contenuti e del sound dell’album.
Quali novità regala Ray D’Antoni?
Ray D’Antoni, al secolo Fabio Fiorina, leader storico della band The Clockers, ristampa il suo album solista dal titolo “The Mask is Back”. The Mask is Back è un album raffinato, capace di evocare il sapore del sound old school più viscerale. Il timbro delle sue composizioni variano dal rock raffinato a incursioni in territori country -blues e pop.
Cosa descrive “The Mask is Back” di Ray D’Antoni?
Ray D’Antoni è un artista della chitarra e lontano dai suoi Clockers, dà fondo a piccoli giochi di prestigio, mettendo a disposizione della chitarra acustica, da lui amatissima, un palco fatto di talentuose risposte.
Track by track
Rispetto al suo ultimo lavoro con i Clockers “The Italian Job”, dove le chitarre sono state messe più a servizio del brano, nel suo album solista “The Mask is Back” la chitarra, sia acustica che elettrica, trova un proprio mondo. In Don’t Stop the Rain il finale è da considerarsi meraviglioso, un assolo ad incrocio da lui registrato tra chitarra elettrica e acustica, giocato principalmente sulla ricerca dell’eleganza.
Tutto l’album gira su ricordi di infanzia e su un grande incidente di percorso, da lui avuto, anticipatamente a The Italian Job. Indubbiamente è un musicista che conosce il suo lavoro, fatto di intimità, ricerca e richiami alla vecchia scuola. Una voce quasi inimitabile lo colloca ai livelli di Johnny Cash, Mark Knopfler o Chris Rea. Timbro unico, riconoscibile e forse inimitabile. In Revenge of the clown, il suo tono vocale intimo e profondo, porta alla luce un tempo che lui stesso definisce: “Un tempo inferico”. At The Time of Goldrake and Happy Days, racconta i tempi dell’infanzia e la prima adolescenza, dove la strada era l’unico scenario possibile e dove ogni cosa veniva interrotta o scandita da Goldrake o Happy Days.
Le sue chitarre accompagnano un sogno vocale tormentato e malinconico. Lontano dai Clockers si esprime in modo meno diretto, i brani cercano citazioni continue come in Dove or White Crow, in cui il finale diventa la citazione strumentale di Hey Jude dei Beatles e con un evidente richiamo alla tastiera degli Yes. Un album meravigliosamente da ascoltare senza interruzioni.
Come dichiarato dall’artista : “Amo fare album di mezz’ora massimo quaranta minuti, il tempo che normalmente si impiega per andare al lavoro o per tornare a casa. L’idea è di far ascoltare l’album in un solo tragitto, magari con un po’ di appetito per riascoltarlo al ritorno”.
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