Men: il terzo film di Alex Garland

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Men è la terza pellicola di Alex Garland, il regista di quel capolavoro che è Ex Machina e dell’interessantissimo Annientamento. Si è dimostrato un promettente regista, con due ottimi lavori ai suoi esordi. Quindi cosa ha tirato fuori dal cilindro questa volta? La risposta non è facile da trovare. Men è uno di quei film che divide il pubblico e critica. Da un lato i fanatici, coloro che lo esaltano, in tutto per la sua particolarità disturbante. Dall’altra i detrattori, coloro che lo massacrano, in quanto film criptico, disgustoso e provocatorio. Ma dove sta la verità? Questa non esiste, in quanto la valutazione di un film del genere è più che mai soggettiva. Si può dire però all’unanimità che è un film che lascia il segno. Nel bene o nel male.

Men: un film femminista ed allegorico che non fa per tutti

Men è un film che crea una frattura profonda nel pubblico. É un film molto autoriale,e di conseguenza si prende i suoi tempi e mostra ciò che il regista vuole mostrare. Si può inserire in quella categoria di pellicole definite art house movies. I film di questo tipo, come Men, sono prodotti d’arte, che possiedono varie chiavi di lettura, e che inevitabilmente non accontentano il grande pubblico. Fanno invece la gioia dei cinefili e critici in cerca della roba più strana. E Men è un film molto strano. Il terzo lavoro di Garland è un film allegorico, di stampo, se si può dire, femminista. Un opera opprimente ed angosciante, che concretizza in orrore visivo il concetto di mascolinità tossica. La protagonista ( una favolosa Jessie Buckley) è una donna in fuga da un rapporto logorante con l’ex marito, che di recente si è tolto la vita. Tentando di allontanarsi dai problemi psicologici che ne derivano, decide di trascorrere una vacanza in un isolata casa di campagna. Qui entrerà in contatto con inquietanti e minacciose figure maschili che renderanno la sua vita un vero incubo.

Tutto ciò che è sbagliato negli uomini

Men è un film femminista. Si può dire così. Certo è diretto da un uomo. Ma può un uomo parlare di ciò che vi è di sbagliato nella mascolinità? Si, e Alex Garland lo fa a modo suo. Con un film pieno di chiavi di lettura, criptico e scioccante. Il finale poi è devastante. Una proposta visiva disgustosamente originale. La concretizzazione della mascolinità deviata in immagini altrettanto deviate. Un orrore concettuale che si fa orrore visivo. Una decostruzione dell’uomo e di tutti i suoi atteggiamenti sbagliati ed aggressivi nei confronti della donna. Un a messa in scena che guarda al folklore e che grazie anche alle grandi doti recitative di Rory Kinnear, suscita profondi turbamenti interni. Men è tutto ciò che c’è di sbagliato nella mascolinità.

Men: folklore, fotografia e musica

Nonostante sia un film difficile da visionare, presenta degli elementi di indubbio fascino. Partendo dall’aspetto tecnico, Men è caratterizzato da una fotografia ipnotica. Dei verdi accesi della natura brulla vi avvolgeranno in un vortice mesmerizzante. Men è un film visivamente piacevole. La prima metà del film è la più lenta nel ritmo, ma verrete catturati da uno spettacolo estetico curato minuziosamente. Alla bellezza visiva (già intravista in Annientamento ed Ex Machina) si aggiunge una stupenda colonna sonora. Le musiche danno un tono soprannaturale, esoterico e spettrale. Fatta di echi, sospiri e cori. Nei contenuti visivi però a farla da padrona sono gli elementi folkloristici che ritornano qua e là. L’uomo verde, un essere ancestrale simbolo di rinascita , e Sheela na gig, una scultura protettiva che rappresenta una donna con la vulva aperta in bella mostra. Questi due simboli si ripetono nel corso del film e rafforzano, in maniera criptica, l’atmosfera angosciante ed irrequieta di Men. Inoltre si fondono nel disgustoso finale, che rappresenta una sorta di ciclica rinascita perpetua della mascolinità nei suoi aspetti più turpi

Men è un film di difficile valutazione

Cosa rende ostica la visione di Men? Diversi elementi lo rendono un prodotto difficile da valutare. Il primo muro ,per chi non ha la scorza dura di cinefilo incallito, è il ritmo. Men è uno di quei prodotti che si possono definire slow burn. Cioè un opera che per ingranare si prende i suoi tempi. Non si adegua alla frenesia dello spettatore contemporaneo. Ma sebbene la parte “slow” sia molto slow ( ma arricchita da una fotografia e colonna sonora mesmerizzante), quando si giunge alla fase burn lo si fa con il botto. Ed ecco la parte più ostica, per chi è facilmente impressionante e di stomaco debole. Dopo un’ora più contemplativa, condita di asfissiante angoscia, succede di tutto. Un po’ di thriller home invasion si tinge di soprannaturale, fino ad un finale body horror dei più scioccanti visti negli ultimi anni. I body horror d’effetto ce ne sono stati innumerevoli, in primis i film Cronenberg. Ma qui ciò che si vede non è prevedubile. Non ce lo si aspetta. E l’impatto è doppio. Tutto ciò che si vede ha un non so chè di “What The Fuck”, per dirla all’inglese. Per questo, non è facile dare un voto sul finale. Tuttavia lascia un solco profondo. Una cosa che difficilmente si dimentica.

Conclusioni

Men non è un film adatto a tutti. È critpico, ha un ritmo non cadenzato, che si prende i suoi tempi, e ha un finale tra i più deviati e disturbanti visti negli ultimi anni. Questa pellicola di Garland è tante cose insieme. Piace e non piace. Disgusta e sorprende. Annoia e fa scappare dalla sala. Ma è questo a renderlo un prodotto interessante: la sua contraddittorietà. Magari vi fara schifo, magari lo adorerete. Ma una cosa è certa, vi lascierà qualcosa. Immagini indelebili scolpite nella mente.

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