Hammamet – Recensione del film su Bettino Craxi

Ecco la recensione di Hammamet, il discusso film in cui un irriconoscibile Pierfrancesco Favino interpreta il ruolo di Bettino Craxi. Dirige Gianni Amelio.

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“Hammamet” è un nome che chi segue bene la politica italiana conosce bene: si tratta della località dove Bettino Craxi si recò in “esilio volontario” nell’ultima parte della sua vita, dopo essere stato coinvolto nelle indagini riguardanti Tangentopoli. Ebbene la vita del celebre politico è diventata un film che prende il titolo proprio da questo luogo, un posto dove Craxi morì e dove è stato addirittura seppellito. A dirigere e sceneggiare questo lavoro troviamo Gianni Amelio, mentre a interpretare Bettino Craxi ci pensa uno degli attori italiani più bravi in assoluto, il meraviglioso Pierfrancesco Favino, già reduce dal ruolo del collaboratore Tommaso Buscetta nel film “Il Traditore” (CLICCA QUI per la nostra recensione).

Mentre nel ruolo di Buscetta Favino era si identico al personaggio ma anche abbastanza riconoscibile, la magia del trucco in questo caso lo rende così simile a Craxi da non somigliare più a se stesso, e se non avessi saputo già da prima che si trattava dello stesso attore di “A Casa Tutti Bene” e “Romanzo Criminale” forse non lo avrei nemmeno capito. Questo anche perché non solo il trucco è formidabile, ma l’impostazione che Favino dà alla sua voce è quella di un perfetto imitatore e capire che si tratta del noto attore è veramente dura. La sua interpretazione, comunque, verte poco sul Craxi politico: ciò che vediamo per quasi tutto il film, esclusi solo i primi 10 minuti, è infatti un vecchio malato che al massimo parla di politica e dell’essere stato presidente come tutti i nostri nonni fanno sempre con le loro avventure di gioventù.

Lo scenario di Hammamet fa da cornice a una vicenda prettamente umana

Nella bellissima villa di Hammamet, fra l’altro incastonata in un paesaggio naturale meraviglioso che viene rovinato soltanto da sporadici scorci di povertà, ciò che vediamo è il percorso umano che Craxi porta avanti nella parte finale della sua esistenza. Il rapporto abbastanza superficiale con la moglie, l’affetto che nutre per una figlia apprensiva ed il continuo confrontarsi fra le loro personalità dominanti, il legame gioioso con un nipote a cui insegna la storia italiana (incluso il suo ruolo) con il gioco e per il quale si preoccupa costantemente, l’apertura che dimostra verso un giovane chiaramente disturbato in quanto figlio di un grande amico e il legame che sviluppa con lui: questi sono solo alcuni degli aspetti del “Craxi persona” che Favino interpreta con cuore e professionalità, lasciando tutti a bocca aperta.

Nel crocevia di persone che ritornano nella vita di Craxi, ci ributtano dentro le esperienze che hanno vissuto insieme e poi spariscono, troviamo anche molte figure di cui non ci viene rivelato il nome, probabilmente per questioni legate a diritti non concessi. La bravura di Amelio e la sua voglia viscerale di raccontare questa storia gli permettono però di costruire personaggi che giocano comunque a carte scoperte, i quali si rivelano tranquillamente la propria identità a chi conosce la storia di Craxi. Chiaramente qualche idea su quali sarebbero stati i nomi di questi personaggi in un universo in cui il copyright non esiste me la sono fatta anche io, in particolare circa l’amante interpretata da Claudia Gerini, ma per correttezza non sarò io a tirare esplicitamente in ballo queste persone.

Il ruolo degli altri attori e del regista

Che si tratti di personaggi dotati di un nome ed un cognome o meno, tutti gli altri attori coinvolti in “Hammamet” riescono ad interpretare i loro ruoli con potenza ed intensità, regalandoci delle lunghe scene di phatos ed esecuzioni brillanti in cui si percepisce tutta l’umanità di persone realmente esistite. Pazzia, apprensione, felicità, sensualità e mille altri modi d’essere di esseri umani reali sono posti abilmente sullo schermo da volti genuini, capaci di padroneggiare l’arte della recitazione in modi in cui solo i grandi attori possono operare.

Ad incanalare questi talenti ed a potenziarne la resa grazie ad inquadrature perfette e comunicative, nonché ad una grande cura della fotografia, è anche l’abilità di Gianni Amelio di dar luce ad un film semplicemente impeccabile. Il ritmo dato all’opera è lento come deve esserlo per forza in un film biografico su un individuo senescente, ma non supera quasi mai quel tacito limite oltre il quale subentra la noia e soprattutto sa condurre inaspettatamente verso un finale dai tratti onirici che non perde però la voglia viscerale di raccontare la verità. La verità di Amelio è forse addolcita, sicuramente letta dagli occhi non oggettivi di Craxi, ma la sua idea di mostrarci un uomo in quanto tale e non in quanto “divo” o politico funziona, e ci regala un film di cui non ci dimenticheremo facilmente.

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