Gli svedesi Seventh Wonder sono tornati in Italia per 3 imperdibili date. Si sono esibiti venerdì 12 Aprile a Retorbido, sabato 13 Aprile a Bologna e domenica 14 Aprile a Trieste.
Non facevano tappa in Italia da parecchi anni e grazie al successo riscosso con l’album Tiara ne hanno approfittato per organizzare tre concerti in città diverse.
La location era un po’ sperduta: il locale Dagda in provincia di Pavia. Considerato che l’affluenza è stata inferiore a quello che mi aspettavo, non è stato difficile trovare parcheggio. L’apertura delle porte e della biglietteria era fissata per le 20,30, quindi circa mezz’ora prima dell’inizio del concerto. Purtroppo anche in questo caso, come per i Riverside, era obbligatorio tesserarsi al circolo ACSI e il prezzo era escluso dal biglietto.
Tolta questa piccola pecca, la location era piccola ma accogliente. I Seventh Wonder non sono molto conosciuti in Italia, infatti non erano presenti molte persone, però l’atmosfera era molto intima. Non è stato difficile raggiungere la transenna e godersi il concerto a meno di un metro di distanza. Invece il servizio bar era un po’ troppo lento, abbiamo aspettato circa mezz’ora per una piadina.
La serata prevedeva l’esibizione di due gruppi italiani di apertura oltre gli headliner: gli Helikon e gli Hidden Lapse. I primi avrebbero dovuto cominciare verso le 21,10, mentre i Seventh Wonder avrebbero dovuto esibirsi verso le 22,45.
Per motivi a noi sconosciuti, probabilmente burocratici, c’è stato un ritardo di circa un’ora e i gruppi di apertura hanno dovuto inevitabilmente tagliare la scaletta.
E’ stato inusuale vedere come gruppi spalla due band italiane che hanno accompagnato i Seventh Wonder nelle tre date nel nostro Paese. I primi ad esibirsi sono stati gli Helikon con quattro canzoni. I ragazzi erano molto grintosi e pieni di energie, ma erano palesemente dispiaciuti di aver dovuto tagliare la loro scaletta originale. Dopo di che, salgono sul palco gli Hidden Lapse. Anche loro sono costretti a modificare all’ultimo momento il numero delle canzoni.
Già durante queste due esibizioni si avvertivano dei problemi acustici. I volumi erano troppo alti e la voce non si sentiva praticamente mai. La batteria sovrastava gli altri strumenti e le chitarre, ma nessun suono era pulito e godibile. Di solito i gruppi di apertura servono anche da “prova” per i suoni, ma in questo caso i problemi non hanno fatto altro che peggiorare.
Dopo essersi montati da soli la strumentazione, i Seventh Wonder salgono sul palco verso le 23,20, recuperando un po’ del ritardo che si era accumulato.
La band si scusa subito per l’assenza di concerti in Italia negli ultimi anni. Anche se gli astanti non erano numerosi, i Seventh Wonder sono stati accolti calorosamente. Nei momenti di pausa il cantante Tommy Karevik ha colto l’occasione per parlare e interagire con il pubblico e annunciare ogni canzone della breve scaletta.
Purtroppo, però, è stato impossibile sentire la sua voce, se non nei pochi momenti strumentali. E’ stato davvero un peccato, perchè avrebbe potuto essere un bel concerto, ma i problemi acustici hanno fortemente penalizzato la band.
Un concerto breve ma inteso. I Seventh Wonder si meritava sicuramente un’acustica perfetta. Sono tornata a casa con un po’ di amaro in bocca per com’è andata la serata. Nonostante non siano uno dei miei gruppi preferiti, sono tutti dei musicisti molto bravi e soprattutto molto umili e, considerando l’attesa, i fan di lunga data avevano diritto ad un’esibizione migliore.
SETLIST:
- Arrival
- The Everones
- Welcome to Mercy Falls
- Alley Cat
- Tiara’s Song (Farewell, Pt. 1)
- Tears for a Father
- Hide and Seek
- Victorious
- Taint the Sky
- Exhale