Notti Magiche è l’ultimo film diretto da Paolo Virzì e uscito nelle sale a novembre 2018. Omaggiando la hit Una estate italiana di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, il film ci riporta al 1990 in una Roma particolare, quella del cinema.
Un film che nasce dalla collaborazione con gli amici sceneggiatori Francesca Archibugi e Francesco Piccolo subito dopo la morte di Ettore Scola, regista de C’eravamo tanto amati del 1974.
Non si può dire che la pellicola si apra nel migliore dei modi facendoci rivivere la semifinale dei mondiali Italia-Argentina del 3 luglio 1990, in un’atmosfera di generale delusione, quasi di tragedia che risentiamo da una piccola televisione di un chiosco sul lungo Tevere, e che vediamo quasi personificata dell’evento iniziale e al tempo stesso culmine della pellicola: un’auto che cade improvvisamente da un ponte finendo nel fiume che percorre Roma, causando un morto e dando così inizio ad un lungo flashback per tentare di ricostruire quanto accaduto prima di quell’incidente.
Ed è solo dopo questa intensa introduzione che ci vengono presentati i protagonisti: tre ragazzi, aspiranti sceneggiatori, finalisti del premio Solinas. I giovani, interpretati da Mauro Lamantia, Giovanni Toscano e Irene Vetere (Zeta), si ritroveranno a condividere un’avventura all’interno del mondo cinematografico romano completamente inaspettata e che li lascerà sopraffatti e al tempo stesso incantati da quella che sembra essere una dimensione a parte, un mondo complesso ma affascinante, non sempre corretto, che è il cinema.
È un omaggio a grandi personaggi come Fellini, Scola, Risi, Bertolucci e molti altri. Reali o inventati, omaggiati o mostrati attraverso la presenza di un cast d’eccezione che vanta nomi quali Roberto Herlitzka (La grande bellezza), Giulio Berruti (Squadra Antimafia – Palermo oggi), Giulio Scarpati e Paolo Sassanelli (entrambi protagonisti in Un medico in famiglia), con la partecipazione anche della grandiosa Ornella Muti. Eppure, la bravura dei tre attori esordienti è riuscita a prevalere e a farsi spazio anche tra grandi del settore, inserendo nel film quella forza e quella vivacità che rende il soggetto – dello stesso Virzì – così intenso e vivo.
Tre ragazzi completamente diversi tra di loro, a partire dalle origini – uno è siciliano, uno toscano e la ragazza romana – fino alle loro sfumature caratteriali, così contorte e studiate che ci intimano a scoprirli fino all’ultimo secondo.
Durante un’intervista Virzì ha commentato: “Mentre giravo questo film avevo in mente tanti film italiani per quanto riguarda la fotografia, la messa in scena, i rapporti tra i personaggi. Avevo in mente “Io la conoscevo bene” di Pietrangeli, “C’eravamo tanto amati” di Scola, certe atmosfere felliniane, come “Intervista”, il film che lui dedicò al suo sbarco a Roma.”
E infatti il suo gioco vuole essere incentrato su continui richiami ai registi che più di tutti hanno creato e portato avanti il grande cinema italiano elevandolo in una dimensione che per questi tre ragazzi si trasforma in un puro sogno. Una dimensione caratterizzata dal vizio, dall’estasi, dalle droghe, dal fumo e dal gioco che rivediamo in quelle partite di calcio che scandiscono il passare dei giorni durante i quali si prolunga l’intera pellicola, a cui fa da sfondo una scenografia colorata, eccentrica, sensazionale che spazia dalla Roma popolare a quella d’élite, dai bar di Trastevere ai set cinematografici, senza risparmiarci nessuna realtà.
Virzì ci racconta quindi il suo tempo, nel bene e nel male, nelle verità e nelle menzogne, elogiando e criticando quello che ha visto, sentito e scritto lui stesso. Ma forse quello che non regge e che non ha permesso al film di Virzì di ottenere il tanto atteso successo al botteghino, è proprio quella scrittura che si impone come una lezione di sceneggiatura, senza però scendere nei dettagli, accontentandosi di quella semplificazione che rende la pellicola più leggera e meno profonda. Un soggetto da cui forse ci si poteva aspettare qualcosa di più, ma che tutto sommato riesce a trasportarci in quella Roma che è ancora così viva ma così diversa.