L’Inferno di Dante ritorna nell’interpretazione di d’Elia in “Dante, inferno”

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“Mi accosto a Dante in punta di piedi.
Quello che ho detto tra me e me mille e mille volte dirò ora davanti ad altri.
Come in un rito che ben conosco, ancora una volta la parola prenderà forma e farà rivivere voci ed ombre, pulsioni e volti, sospiri e desideri per quella che è alla fine l’avventura della poesia suprema, la summa massima, il grande precipizio di perfezione che ogni volta ci mette i brividi”.
Con queste parole, ritorna a teatro, la grande letteratura, La Divina Commedia. E’ andato infatti in scena fino al 23 giugno, al Litta di Milano, “Dante, inferno”, l’ultimo lavoro e piccolo gioiello del sempre prolifico Corrado d’Elia. Ed è stato tutto esaurito, al punto che il famoso attore milanese ha dovuto aggiungere altre date vista la grande richiesta del pubblico meneghino e non solo, che lo ama e lo segue da anni.

“Dante, inferno” di Corrado D’Elia

Una passeggiata nell’inferno dantesco, in chiave di lettura ragionata e consapevole che d’Elia ha rappresentato con grande pathos e coinvolgimento. Nella sala della Cavallerizza del Litta, l’attore ha così ripercorso il viaggio del maestro negli aspetti più beceri e condannabili dell’animo umano, scegliendo alcuni canti quali: il primo («Nel mezzo del cammin»), il III («Per me si va ne la città dolente»), il V (Paolo e Francesca), il XXVI (Ulisse), il XXXIII (Ugolino), il XXXIV («E quindi uscimmo a riveder le stelle»).

Si tratta di un viaggio sempre attuale, dove a distanza di secoli ci si può comunque riconoscere nelle nostre più istintive debolezze. La perdita di se stessi, la paura di entrare in una dimensione terribile e oscura, il viaggio verso il mistero del peccato e dei peccatori, l’amore condannato come lussuria e come grave tradimento, l’omosessualità, il grande eroe epico (Ulisse) lasciato alle tenebre eterne per aver ordinato la distruzione del nemico, il padre forse accusato di cannibalismo nei confronti della sacra prole, anche se Dante non lo afferma chiaramente e infine il gigantesco e spaventoso Lucifero incastrato nel ghiaccio. E poi le stelle che sanciscono la fine del viaggio negli inferni per risalire piano, piano la china dal purgatorio fino al paradiso.

La scenografia di “Dante, inferno”

Interessante la scenografia, ideata da Chiara Salvucci, giocata sul palco a intermittenza sui toni del rosso quando i canti vengono recitati e del blue utilizzato per le riflessioni. Scenografia che nasce all’esterno del teatro, con una linea rossa che continua dritta all’Inferno di d’Elia.
Spettacolo da non perdere che riavvicina all’opera massima della letteratura italiana in chiave moderna, appassionata e soprattutto non accademica che è il punto di forza che rende coinvolgente il lavoro dell’attore e regista milanese.

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