Una storia raccontata dalla voce dell’immenso Lucia Dalla. Una storia umana, candida, dai toni quasi angelici ma profana e censurata.
Scritta da Paola Pallottino, la canzone fu presentata al Festival di Sanremo negli anni 70, con l’incredibile voce di Dalla. Si qualificò al 3 posto, ebbe un successo senza pari: rimane infatti per ben tre settimane nell‘hit parade delle canzoni italiane in prima posizione.
La canzone è una lirica verista e drammatica che racconta un amore fortuito ma decisivo
Dice che era un bell’uomo e veniva
Veniva dal mare
Parlava un’altra lingua
Però sapeva amare
E quel giorno lui prese a mia madre
Sopra un bel prato
L’ora più dolce prima d’essere ammazzatoCosì lei restò sola nella stanza
La stanza sul porto
Con l’unico vestito ogni giorno più corto
E benché non sapesse il nome
E neppure il paese
M’aspettò come un dono d’amore fino dal primo meseCompiva sedici anni quel giorno la mia mamma
Le strofe di taverna
Le cantò a ninna nanna
E stringendomi al petto che sapeva
Sapeva di mare
Giocava a far la donna con il bimbo da fasciareE forse fu per gioco o forse per amore
Che mi volle chiamare come nostro Signore
Della sua breve vita è il ricordo, il ricordo più grosso
È tutto nel nome che io mi porto addosso
La vicenda di una giovanissima prostituta e del suo incontro amoroso con un soldato straniero, diventano oggetto di una poesia dai troni agrodolci: il cantante, a cui voci incerte hanno attribuito un coinvolgimento autobiografico, canta quasi con nostalgia l’origine della sua nascita. L’amore meramente carnale si sposa con un amore etereo e cristiano: il bambino viene chiamato Gesù perché è , per la madre giovanissima, un miracolo: è il frutto di un amore che è finito ed iniziato grazie a quel ”bimbo da fasciare” cresciuto in un postaccio di basso borgo, ma con immenso e totale amore.
La censura
Il titolo originario doveva essere “Gesubambino“ , in onore di Dalla. Ma le allusioni alla fede cristiana rendevano la storia tutto tranne che idonea a rappresentare l’ideale evangelico del concepimento di Cristo: è una poesia profana, che usa il cristianesimo come dolce rappresentazione . I versi ” e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino” , erano originariamente ” e anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino”. Il connubio fra la canzone di vita quotidiana e naturale , tipica di Lucio, sposa qui la tematica della religione.