28 anni fa veniva pubblicato Ten, debutto dei Pearl Jam

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Il 27 Agosto 1991, ben 28 anni fa, una delle band più importanti degli anni 90 dava alle stampe il suo clamoroso debutto: un disco totalmente impregnato di vita vissuta.

Con Ten i Pearl Jam hanno fatto vedere a tutto il mondo i sogni bruciati della Seattle dei primi anni 90. Con Ten (titolo che omaggiava il cestista NBA Mookie Blaylock, ai tempi numero 10 dei New Jersey Nets) i Pearl Jam hanno incasellato uno dei più grandi dischi di un’intera decade; non a caso potremo definirlo come il classico lavoro che mette tutti d’accordo, dai duri e crudi rockettari fino agli ascoltatori di musica non necessariamente rock. E perché vi chiederete? I Pearl Jam avevano capito sin dagli esordi il concetto di melodia e di come immetterla in un calderone vincente. Nel 1991 la rivoluzione del cosiddetto “grunge” era stata appena inaugurata e il primo disco di Eddie Vedder & Co rappresentava già l’apice irraggiungibile del Seattle Sound. Non a caso il platter, trainato da poderosi singoli, vendette oltre dieci milioni di copie solo negli Stati Uniti: un risultato incredibilmente enorme per un debutto.

La band all’epoca

La “marmellata di Pearl” non prendeva ispirazione dal punk più sguaiato e rabbioso (Nirvana) o dall’ heavy metal (Alice in Chains), no; i Pearl Jam racchiudono un’infinità di melodie direttamente figlie di Led Zeppelin, Who e Neil Young che in questo debutto trovarono una loro strutturazione ben precisa. I grungers pescavano dagli anni 70 insomma; anni che sembravano incompatibili con gli ideali dei grezzi indossatori di camicie a quadrettoni degli anni 90; ma se riflettete bene i giovani, come nei ruggenti anni 70, erano tornati ad alzare la voce creando un urlo comune in grado di far tremare tutto e tutti.

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L’iconica copertina di Ten

La prima triade di brani già ci regala momenti enormi: “Once”, “Even Flow” e “Alive”. Un tridente offensivo qualitativamente costruito sulla valenza del refrain “hardrockeggiante” (cibo succulento per piattaforme in voga all’epoca come Mtv) e arricchito da una corpulenta sezione ritmica formata dal batterista Dave Krusen (che sarà rimpiazzato prima da Matt Chamberlain e poi da Dave Abruzzese), dal bassista Jeff Ament e dai due chitarristi Stone Gossard e Mike McCready. “Why Go” è una song efficace, che poggia la propria base su un semplice drumming mentre “Black” e “Jeremy” rappresentano la vetta emozionale più elevata raggiunta qui dal giovane combo; la prima è l’inno dei Pearl Jam anche se tratta tristemente di un amore perso per sempre; la seconda invece ha a che fare con la dolorosa storia di Jeremy Wade Delle, ragazzino texano morto suicida nel 1991 perché vittima di bullismo. La genialità delle composizioni, degli incastri chitarristici, ricamati su partiture d’ispirazione hendrixiana, e della valenza vocale dello straordinario Vedder non finisce qui: Ten ci regala altre perle affascinanti come “Oceans“, “Deep” (la quale tratta della violenza sessuale subita da una ragazza), “Garden” e “Porch”. il platter si conclude poi con la straordinaria “Release”, dedica di Eddie al padre mai conosciuto.

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Il frontman Eddie Vedder

Insomma, dopo 28 anni Ten è rimasto solido come un pezzo di marmo; rimane ancora oggi un disco che rappresenta l’effervescenza e la creatività di un periodo musicale semplicemente irripetibile.

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