”Volare è impossibile”,il racconto inconsueto di Matteo Chiarello. – ”Nulla sa essere terribile come la realtà.”

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''Nulla sa essere terribile come la realtà. Prima di trattare la letteratura di genere dobbiamo comprendere questo.''

 

Matteo è un giovanissimo ragazzo torinese che ha deciso di creare una storia dalle caratteristiche nuove, insolite e originali. Il racconto ”Volare è impossibile” è un’esposizione realistica e quotidiana  della vita ,ancorata all’idea (e al dato di fatto) che non tutto  va come vorremmo. In un gesto anticonvenzionale e abbracciando un realismo senza filtri,Matteo rappresenta un nuova idea del protagonista che sbaglia,fa errori,e non li risolve. Un racconto-specchio emozionante, una storia sulla vita reale e quotidiana, senza lieto fine:  ”[…]un lieto fine sarebbe stato meno potente[…]”

Direi innanzitutto di iniziare dal titolo del tuo racconto. ”Volare è impossibile”. Perché hai dato questo titolo?

Il titolo deriva da una frase nel finale, quando Michela si lascia andare alle utopie e si ricorda di come volavano coi pensieri e sogni quando erano ragazzi, e chiede a Lorenzo di seguirla in ciò. Solo che sono passati tanti anni, decenni addirittura, e loro sono vecchi, stanchi, e Lorenzo gli risponde che ormai è inutile, troppe cose sono cambiate, che ormai “volare è impossibile”. È finita l’epoca, e la malinconia non è la soluzione. L’ho avuto in mente da quasi subito questo titolo, anche se sono arrivato a scrivere quella sequenza dopo 4 anni. È stata una gestazione lunga, principalmente perché scrivo molto poco tra tutti gli impegni e la scarsa voglia che spesso mi prende.

Presentazione e lettura di ”Volare è impossibile”,foto di Davide Boccardo

La tua è una storia concreta, che riassume vicende quotidiane, situazioni odierne, del tutto scevre di irrazionalità. In poche parole, son ”cose che possono capitare”. Come descriveresti questo tuo realismo?

Tutti noi siamo abituati ad esempio ai disastri e alle distruzioni nei film. Guardiamo i film degli Avengers e quelli di Emmerich e ogni volta la distruzione è più grossa. Poi rivediamo le immagini dell’11 settembre e ci rendiamo conto che nessun film riesce a essere, nella finzione, così drammatico. Nulla sa essere terribile come la realtà. Prima di trattare la letteratura di genere dobbiamo comprendere questo.

Percorri praticamente un excursus, un viaggio attraverso tutte le età dei tuoi protagonisti. Parli del loro periodo di giovinezza, dell’Università, poi del lavoro, dei figli, infine dei nipoti. Ci hai raccontato la loro vita intera. Così facendo, fai affezionare il lettore a loro. E tu, nella stesura, hai visto crescere Lorenzo e Michela?

Sì, e allo stesso tempo ho cercato di dare ai personaggi mentalità diverse a seconda della loro età. Quando sono adolescenti hanno certi pensieri e si comportano in un certo modo, e via via le cose si modificano. Uno dei problemi spesso è che il lettore parte dal presupposto che il protagonista sia nel giusto. Non è così: il protagonista può essere anche negativo o avere dei comportamenti non corretti. Ho cercato di far avere ai miei protagonisti anche dei comportamenti sbagliati, che nel tempo magari hanno capito e modificato, proprio per renderli più reali. E sì, mi sono affezionato anche io a loro, e penso che un paio di punti delle loro vite vadano ancora approfonditi. Vedremo il da farsi.

Se dovessi indicare uno o più temi centrali del tuo racconto, quali sarebbero?

Che difficilmente le cose nella vita andranno come uno spera. Uno può metterci del suo meglio, ma è comunque difficile. E bisogna metterlo in conto senza illudersi troppo. A me è piaciuto molto di più Trainspotting 2 del primo proprio per questo: che nel secondo sia chi ha “scelto la vita”, sia chi ha continuato nel crimine o nella droga, alla fine ha raccolto nulla. Forrest Gump è felice solo perché non si rende conto delle cose attorno a lui, mentre la vita di Jenny, o quella del tenente Dan o Bubba, nel mentre sprofonda perché è una vita reale.

Sei stato ispirato da qualcuno, o da qualcosa?

Matteo alla presentazione di ”Volare è impossibile”,foto di Davide Boccardo

Sì, dal rapporto con una mia amica. L’idea del racconto nacque come un “What if”, poi si è riflesso in parte nella nostra realtà.

 

 

Perché la decisione, encomiabile ed anticonformista, di non dare un lieto fine?

Hai mai visto L’eclissi di Antonioni? Io lo vidi per caso anni fa, e mi colpì molto. Nel finale – non rompetemi con la sindrome da spoiler su un film uscito da più di 50 anni – Monica Vitti e Alain Delon, che fanno coppia, si danno appuntamento alla sera “al solito posto”, e nessuno dei due si presenta. Il loro rapporto finisce così, nel vuoto. E nel mio racconto succede un po’ questo: si danno appuntamento sapendo entrambi di non andarci, perché quella serata passata assieme dopo tanto ha solo riportato a galla i loro fallimenti. Rivedersi ancora farebbe solo male. Siamo forse in un periodo in cui il fandom esige il lieto fine, il finale che pretende il popolo, ma non deve essere così: l’autore deve essere libero di trattare come vuole i propri personaggi. Ho fatto questo io, anche se non ho fan che pretendono nulla per fortuna (o sfortuna). E poi perché semplicemente penso che un lieto fine sarebbe stato meno potente.

[Foto di Davide Boccardo,in copertina Matteo e l’amica Martina Morello alla lettura e presentazione del racconto]

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