11 febbraio 1843 I Lombardi alla Prima Crociata

“Per colpa della moda, per desiderio di rinnovare, per affetto di sapere, si rinnega la nostra arte, il nostro istinto, il nostro modo di fare; è assurdo e stupido.” Giuseppe Verdi

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Dopo “Oberto conte di San Bonifacio”, “Un giorno di regno” ed il “Nabucodonosor”, arriva la quarta opera di Giuseppe Verdi, un dramma lirico in quattro atti “I Lombardi alla Prima Crociata”.

L’opera, composta sul libretto di Temistocle Solera, avrà come prima rappresentazione la data dell’11 febbraio 1843, al Teatro alla Scala di Milano. In quello stesso anno, solo il mese prima, il 2 gennaio, ebbe luogo a Dresda la prima del “Vascello fantasma”, la quarta opera di Wagner. Un’altra prima importante si tenne il giorno dopo a Parigi: quella del “Don Pasquale” di Donizetti. L’Europa era in un fermento artistico inarrestabile.

La forza dell’idea

«Dovessi morire, l’opera vincerà». Dichiarazione d’intenti più che bellicosi, tale da far pensare che la frase si riferisca a uno dei protagonisti dello scontro fra musulmani e crociati cristiani. Invece la sfida fu lanciata da Erminia Frezzolini-Poggi, prima protagonista dei “Lombardi alla prima crociata” nella rappresentazione svoltasi quel 11 febbraio.

La soprano Erminia Frezzolini Poggi

La Frezzolini vinse, e con lei naturalmente Verdi. I Lombardi trionfarono ripetendo, a distanza di meno di un anno il successo incontrato da Nabucco sulle stesse scene scaligere.

Il filone risorgimental-patriottico

Il riferimento a Nabucco è d’obbligo quanto scontato, anche nelle intenzioni dello stesso Verdi. Il compositore capì che immettendosi con il nuovo titolo nello stesso filone risorgimental-patriottico inaugurato da Nabucco poteva ripeterne la fortuna. E così fu. Se parte della critica bolla quest’opera come musica volgare, è altrettanto vero che all’indomani della prima rappresentazione le voci di consenso furono molto maggiori di quelle dei detrattori.

Lo spirito risorgimentale

Un’opera controversa

Se ai Lombardi manca quella unitarietà e centralità di visione che avevano caratterizzato Nabucco, gran parte della responsabilità è da imputare al libretto di Solera che, per far quadrare il senso del poema di Grossi, dovette ora stipare l’azione in poche pagine, ora dilatare ciò che nell’originale era risolto in poche stanze. I Lombardi risultano così un’opera alquanto frammentaria nella struttura e nel contenuto musicale, quasi un concentrato di melodramma, per l’adesione assoluta e prevedibile alle convenzioni melodrammatiche e, diremmo, concentrato di ‘verdianità’ allo stato puro, permeata com’è di sigle care al Verdi prima maniera.

La “verdianità”

Anzitutto la pulsazione del ritmo giambico, che percorre tutto il tessuto musicale, come trama segreta, in infinite varianti, a scandire quello che potremmo definire un ritmo bellico, eroico; la sequenza breve-lunga segna sì l’epopea corale, le vendette, ma può anche stemperarsi in una configurazione più distesa, quando si tratta della rimembranza, nella pagina più celebre dell’opera, il coro “O Signore, dal tetto natio”.

Partito de” I lombardi alla Prima Crociata”

Questa attenzione all’elaborazione ritmica non è che uno dei tratti che ci dicono che I Lombardi non meritano totalmente l’accusa di opera tagliata con l’accetta. Vero è che la presenza spesso troppo ingombrante della banda, come del tamburo militare, possono far condividere un giudizio severo; ma accanto a questi momenti, peraltro funzionali sulla scena, va ricordata l’altezza di ispirazione di una pagina come la preghiera di Giselda “Salve Maria!”, orchestrata con un organico cameristico e studiatissima nell’andamento melodico.

Fu questa mancanza di organicità a far sì che la critica del tempo accogliesse I Lombardi senza eccessivi entusiasmi; la voce più aspra venne dalla ‘France musicale’, che bollò pesantemente l’opera dicendo che non valeva un soldo.

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